Negli anni ’80 la leggenda del cinema Federico Fellini si lasciò sedurre dal mondo della pubblicità televisiva, girando alcuni spot diventati leggendari.
Per chi non ne fosse a conoscenza, Federico Fellini, oltre ad aver scritto la storia del cinema, ha anche scritto quella della televisione, e in particolare degli spot televisivi. Negli ultimi anni della sua carriera infatti, il regista de La Dolce Vita si dedicò al mondo della pubblicità, girando delle brevi réclame rimaste nella storia.
Tutto ebbe inizio nel 1985, quando Paolo Barilla riuscì in un’impresa da tutti considerata impossibile: convincere Fellini a dirigere uno spot per la sua azienda. L’impresa fu davvero ardua, considerando il fatto che il maestro aveva più volte, nel corso della propria carriera, dichiarato disgusto per il mondo della tv e della pubblicità. Eppure l’imprenditore ne uscì vincente, garantendosi, oltre allo spot d’autore, anche una pubblicità data dalla risonanza dell’evento. Nacque così Alta società, spot che ritrae una coppia a cena in un ristorante di lusso. I camerieri e il maitre propongono ai due clienti un’ampia varietà di piatti della cucina francese, ma la scelta della donna ricadrà su dei più classici “rigatoni” (gli emiliani coglieranno sicuramente il doppio senso) nello stupore generale. È così che entra in scena la pasta protagonista dello spot, spezzando quell’atmosfera pacata e surreale che aveva pervaso i primi secondi della scena.
Ebbe così inizio la carriera (seppur breve) di Fellini nel mondo della pubblicità, e dobbiamo essere grati a Paolo Barilla per aver convinto il maestro a far parte di questo universo, perché altrimenti non avremmo avuto perle come Alta società o come lo spot della Campari girato subito dopo e il tris di réclame per la Banca di Roma.
In questi ultimi Fellini vide la possibilità di mettere su pellicola il frutto della terapia che Jung gli aveva insegnato. Al regista venne infatti consigliato di scrivere su un quaderno tutti i suoi sogni notturni per evitare l’inquietudine e la malinconia che gli provocavano al mattino. Le atmosfere oniriche che vediamo sia nello spot della Campari che in quelli della Banca di Roma non sono quindi un caso, perché Fellini è riuscito a utilizzare il materiale derivato dalla sua fase REM per trasformarlo in messaggio pubblicitario con diversi strati di significato (qui troverete un’analisi più approfondita sul tema).
La Campari ingaggiò il noto regista un anno prima della Barilla, ma Fellini si convinse a girare lo spot solo dopo un’ingiunzione giudiziaria. Ecco cosa raccontò al Corriere della Sera il presidente dell’agenzia Brw and Partners, Giulio Romieri:
Quando nel 1984 la Campari ci chiese di realizzare una pubblicità degna della sua tradizione, che nel passato aveva potuto contare su nomi di prestigio come Depero e Dudovich, il primo a venirci in mente fu lui, Fellini. Ci incontrammo a Roma e l’idea gli piacque. Il Campari, disse, gli ricordava la sua infanzia. Ci fece avere sette proposte. Scartate quelle che prevedevano esterni, troppo complicati, scegliemmo la settima, Che bel paesaggio, perché incentrato sul telecomando, oggetto in voga visto che era scoppiata la “zapping mania”. Deciso il soggetto, non tutto però andò liscio. Affiancato da collaboratori straordinari, tra cui Dante Ferretti, Piero Tosi, Bernardino Zapponi, Giuliano Geeleng e Nicola Piovani, Fellini si era messo al lavoro ma quando tutto fu pronto, lui cominciò a tirarsi indietro, si smosse solo dopo un’ ingiunzione.
A lavorare a questo spot ci fu appunto anche lo scenografo Dante Ferretti che avrebbe ricevuto la sua prima nomination agli Oscar pochi anni dopo, nel 1990.
Ed ecco infine i tre spot per la Banca di Roma con Paolo Villaggio come protagonista.
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