Soprendente, a volte difficile ma incredibilmente coinvolgente, oggi pariamo di Mawaru Penguindrum, di Kunihiko Ikuhara.
Oggi vi parlerò di uno degli anime che considero tra i più belli che io conosca, Mawaru Penguindrum. Serie animata di 24 episodi trasmessa nel 2011, ideata e diretta da Kunihiko Ikuhara e animato dallo studio Brain’s Base. In Italia i diritti sono stati acquistati dalla Dynit, che ha permesso che la serie venisse trasmessa su Rai 4 nel 2012. L’anime segna il ritorno alla regia di Ikuhara dodici anni dopo la sua ultima opera, La rivoluzione di Utena a libri e fumetti, e a ruoli minori come regista di sigle o disegnatore di storyboard.
Voler stupire a tutti i costi e con ogni mezzo, non sempre si rivela una scelta vincente, anzi: in assenza di caratteristiche imperative quali esperienza, passione, e abilità, infatti, il rischio di risultare sterili e vuoti, nonostante l’originalità e i vari virtuosismi tecnici o stilistici adoperati, diviene dura verità. Nel campo delle opere di intrattenimento vi sono innumerevoli casi del genere, prodotti di vario tipo definibili unicamente come esercizi di stile dei rispettivi autori. Fortunatamente, a dispetto delle brutali critiche che lo inseriscono in tale infamante categoria, questo non è il caso di Mawaru Penguindrum.
Parliamo brevemente della trama di questa intricatissima storia.
Ispirato agli attacchi terroristici del 1995 contro la metropolitana di Tokyo, il racconto ruota attorno ai tre fratelli Takakura, i due gemelli maschi Kanba e Shōma e la loro amata e malata sorellina Himari. Durante una visita all’acquario, Shōma compra alla sorella un cappello a forma di pinguino, ma dopo aver perso di vista Himari, la ritroverà svenuta tra la folla. Himari non riesce a sopravvivere, ma come per magia si rianimerà all’improvviso, lasciando di stucco i due fratelli; il miracolo è compiuto dal cappello, posseduto da una misteriosa entità nota come “Principessa del cristallo”, che stringe un patto con i due fratelli: l’entità potrà donare una seconda volta la vita a Himari se in cambio i due ragazzi riusciranno a recuperare il Penguidrum, un misterioso e introvabile cimelio appartenente a Ringo Oginome. Per aiutarli nella ricerca, affianca loro un trio di bizzarri pinguini tuttofare, invisibili a chiunque meno che ai tre fratelli.
La prima parte dell’anime si presenta come un calderone sconclusionato e inconcludente di eventi, simbolismi e citazioni non sempre immediate, comicità, atmosfere ora deliranti, ora tristi o malinconiche, e personaggi in diversi momenti totalmente instabili, che non rendono chiaro il fine della serie stessa. Difatti l’inizio dell’opera si sofferma su sottotrame che non meritano tutto quello spazio (i primi dieci episodi sull’opera di stalking di Ringo ai danni del professor Tabuki) e che vanno a sfavore della caratterizzazione dell’intreccio principale (il modo repentino in cui rivela la “fonte di guadagno” di Kanba per curare la sorella, la sua soluzione per salvarla, il poco approfondito Child Broiler, etc). Ciò nonostante si tratta comunque di puntate estremamente piacevoli, in cui vengono studiati o costruiti i rapporti tra i protagonisti (come quello tra i tre fratelli o tra Ringo e Shoma), in cui si comincia già a dare spazio a pensieri di vario tipo e in cui vengono disseminati i primi indizi portanti per la comprensione totale dell’anime che risulta studiato in maniera minuziosa in ogni sua parte, pur non essendo privo di intoppi. Queste piccole sottigliezze sono infatti la base di tutti i colpi di scena della seconda parte, che abbandona, senza quasi che lo spettatore riesca a rendersene conto, le atmosfere allegre e oniriche sfruttate in precedenza a favore dei momenti più drammatici, per terminare poi in uno splendido, commovente finale.
Il comparto tecnico è eccezionale, il character design dei personaggi è fresco, direi quasi unico, seguito dalla magistrale Lily Oshino. Non da meno sono i background curati nei minimi particolari, con animazioni che non hanno nulla da invidiare a quelle più moderne. Di forte impatto visivo sono le inquadrature, ben studiati sia i primi campi che campi lunghi con animazioni in movimento molto fluide.
Le
Molto interessante è stata l’idea di utilizzare l’arte concettuale, che esprime idee e concetti con trovate sceniche o grafiche (passanti e persone insignificanti ai fini della trama rappresentati come semplici omini, bambini abbandonati dalla società visti come vittime di un gigantesco tritacarne, etc). Appartengono, forse, a questa categoria anche i misteriosi pinguini che accompagnano i tre ragazzi, una sorta di avatar a forma animale che compiono azioni ilari in linea con le personalità dei “padroni”, il cui senso fino alla fine non viene mai rivelato accrescendo ancora di più i molti misteri della serie.
Il doppiaggio italiano è davvero ammirevole, ottimo il lavoro di tutti gli interpreti, con una nota particolare per Veronica Puccio e Manuel Meli, che secondo me hanno saputo dar voce perfettamente alle emozioni dei loro personaggi (Ringo e Shoma).
In conclusione vi dico che Mawaru Penguindrum è una serie assolutamente da non perdere, è stata una delle poche serie in grado di lasciarmi davvero tanto, e soprattutto di sopraffarmi grazie allo splendido finale.Trovo che sia un gioello dell’animazione degli ultimi anni, simbolo di positività e bellezza, capace di regalare molto se gli si concede la considerazione che merita. Se se ne vogliono cogliere tutte le sfumature, è necessario, infatti, dedicare a “Mawaru Penguindrum” la giusta attenzione, evitandone una visione frammentaria degli episodi che potrebbe portare a valutare la serie come vuota, pretenziosa, ed eccessivamente contorta, quando di fatto non è nulla di tutto ciò. Necessita, inoltre, almeno di una seconda visione per essere apprezzata appieno, in ogni piccola sfumatura.
Ecco la mia fan-art dedicata al personaggio di Himari. Seguitemi sulla pagina Facebook Marghy’s Art per vedere altri miei lavori! A presto con altri consigli sull’animazione giapponese e sulla fumettistica italiana!
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