Kaiba è un anime prodotto da Madhouse e diretto da Masaaki Yuasa, trasmesso in Giappone e nel resto del mondo nel luglio del 2008.
Trasmesso per la prima volta nel 2008, Kaiba ha vinto, nello stesso anno, il premio d’eccellenza nella categoria animazione al Japan Media Arts Festival.
Il protagonista di questa fantastica storia, Kaiba, si risveglia nel primo episodio privo di memoria in una stanza molto mal ridotta, con un buco nel petto ed uno strano simbolo sul ventre. Si ritrova attorno al collo un medaglione, con dentro la foto sfocata di una fanciulla. Ma dopo qualche istante viene attaccato senza saperne il motivo. Il ragazzo fugge nello spazio iniziando così il suo viaggio, alla ricerca di risposte e della fanciulla dei suoi ricordi.
L’anime è ambientato in un mondo futuristico, in cui l’essere umano evade dalla morte grazie all’uso della tecnologia, aiutandosi con un chip che è in grado di estrarre la sua memoria dal corpo originale per trasferirla in un corpo nuovo, definito “vergine”. È inoltre possibile modificare, alterare e anche rubare i ricordi. Questo metodo però, gioca solamente a vantaggio dei ricchi, che acquistano in continuazione nuovi corpi allungando così la loro vita a proprio piacimento. Per i poveri la situazione è diversa, la vita ha riservato loro solo miseria e poche possibilità di sopravvivenza, in quanto costretti a vendere i propri corpi o quelli dei familiari per resistere alla crudeltà del loro mondo. Come se non bastasse a dividere le due diverse società vi è una coltre di nuvole perennemente in tempesta, in grado di cancellare la memoria.
Fatta questa premessa, parliamo meglio di ciò che penso riguardo il prodotto di Yuasa. Trattare la tematica della memoria senza sfociare nei cliché, non è affatto facile. In Kaiba, tuttavia, è stato possibile. Ciò che colpisce maggiormente è la scelta stilistica e grafica di questo anime: lo stile fanciullesco e “carino” può essere interpretato nel modo sbagliato all’inizio, facendo credere allo spettatore che l’anime sia indirizzato a un pubblico di più piccoli e che tratti temi prevalentemente infantili. Non è affatto così, ce ne si rende conto subito, ma con l’avanzare della storia lo si capisce sempre meglio. Kaiba è un lavoro adulto, complicato, tutt’altro che adatto per un bambino che non sarebbe in grado di comprenderne i risvolti, le sottotrame e gli insegnamenti. Vengono messe in campo tematiche di un certo peso come l’evasione della morte e la paura di essa, la clonazione, la corruzione politica, il conflitto sociale, l’egoismo aristocratico e il marcio della società. Viene letteralmente sbattuta in faccia allo spettatore l’ipocrisia dell’etica contemporanea.
L’anime (costituito da 12 episodi) si divide essenzialmente in due parti, nella prima ci viene mostrata dal punto di vista del protagonista che cerca di capire le regole e il funzionamento di quel mondo in cui si risveglia e di cui non ricorda nulla, essendone perciò completamente profano proprio come lo spettatore. I primi episodi si sviluppano immersi in un’atmosfera onirica e viene presentata di volta in volta una nuova storia, in grado di emozionare e di lasciare sempre un retrogusto amaro una volta arrivati i titoli di coda. Il mondo in cui veniamo costretti ad immergerci è un luogo triste e pieno di sofferenza, dove manca la speranza e in cui nessuno scampa al proprio tragico fato. Due personaggi, in questa prima parte, mi sono rimasti particolarmente nel cuore nonostante non fossero i protagonisti principali, si tratta di Chroniko e Vanilla, la loro storia è cruda e agghiacciante, soprattutto perché ci si ritrova a guardare senza poter intervenire.
La seconda parte invece ci permette di capire meglio chi sono Kaiba e Neiro ( la misteriosa fanciulla del medaglione). È apprezzabile il fatto che nulla venga lasciato al caso, poiché tutto combacia perfettamente come i pezzi di un puzzle, a parte alcuni dettagli volontariamente poco approfonditi dalla sceneggiatura, perché destinati a crescere nell’immaginazione del pubblico.
Il coinvolgimento all’interno del racconto è dovuto in buona parte anche all’uso della lodevole colonna sonora, profonda e immersiva.
Perché vederlo:
Perché si tratta di un capolavoro, consigliato soprattutto a chi non disdegna le cosiddette opere di nicchia e a chi riesce a guardare oltre le apparenze stilistiche, cercando di cogliere ogni granello di un’opera complessa e indimenticabile. Sconsigliato invece a chi cerca qualcosa di più leggero e gioviale.
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