Intervista al regista Jordan Beresford

L’intervista di oggi ci permette di conoscere meglio il regista italiano Jordan Beresford e la sua carriera nelle terre della Nuova Zealanda.

 

Jordan Beresford, regista italiano, ci racconta della sua esperienza in Nuova Zelanda, nazione in cui vive da oltre due anni, dove ha avuto l’opportunità di realizzare già il primo lungometraggio, Suck it up, alla giovane età di ventisei anni.

  • Ciao Jordan, raccontaci della tua passione per il cinema. Come è nata?
    Difficile ricordare il momento esatto. Probabilmente guardando i film di James Bond o capolavori senza tempo come Jurassic Park o Lo Squalo di Steven Spielberg. O forse guardando, senza il permesso dei miei genitori ovviamente, vecchi capolavori di Hitchock e Kubrick (non avendo idea di chi fossero) come Psycho o Arancia Meccanica (venendone altamente traumatizzato) nel mezzo della notte su canali televisivi sconosciuti. Quello che invece ricordo con precisione è il momento in cui ho deciso di voler diventare un regista: il 9 agosto del 1996 guardando fuori dal finestrino della macchina in corsa di mio padre. Lago di vico, una giornata di sole, davanti a me un’immagine semplice: una ragazza bionda che parla con un bambino mentre lo spinge sull’altalena. Un colpo di fulmine e una lampadina che si accende: senza neanche pensare prendo la telecamera di mio padre, la accendo e comincio a riprendere. Al tempo non sapevo come definirlo, ma stavo riprendendo un Campo Medio con carrellata laterale da Sx a Dx stringendo la telecamera con le mie mani paffute. Tornato a casa non riuscivo a smettere di guardare le immagini e sorridere: l’assidua ricerca del lavoro dei sogni era finita.
  • Qual è il lavoro a cui sei più affezionato, tra le tue prime esperienze come regista?
    È una domanda difficile. Sono molto legato sentimentalmente al mio primo cortometraggio “Una Notte di Redenzione” anche se a guardarlo oggi, come spesso accade per i primi lavori, non faccio che vederne i difetti. Con un budget di 100 euro ed enormi limitazioni tecniche e logistiche d’altronde sarebbe difficile fare altrimenti. Non avendo terminato ancora il mio secondo lavoro “La Stanza di Rose” per motivi di budget e post-produzione (ma il 2016 sarà l’anno giusto per completarlo), la scelta ricade quindi sul mio primo cortometraggio ad “alto” budget ed in lingua Inglese “Suck It Up”.

suck it up

  • Cosa ti ha spinto a trasferirti in Nuova Zelanda?
    Le motivazioni sono state molte. Dalle poche offerte lavorative in ambito cinematografico dopo la laurea (molte delle quali senza retribuzione) alla “Sapienza” di Roma, fino alle prospettive di un’industria in forte crescita ed evoluzione (nonostante la sua limitata grandezza) qui a Wellington. Ovviamente l’essermi reso conto delle mie origini (1/4 del mio sangue) neozelandesi grazie ad una nonna che non ho mai avuto il piacere di conoscere, ha aiutato il processo di decisione. Ma si tratta comunque di una scelta che ho ponderato a lungo. Trasferirsi qui significa vivere lontano dalla famiglia, le persone più care e i legami costruiti per più di 20 anni in Italia, ed è difficile a volte convivere con questa scelta e con i sacrifici che ho dovuto fare per assecondarla. Ciò nonostante non me ne pento affatto, anzi lo rifarei altre 100 volte, poiché qui respiro un clima diverso, creativo, e pieno di possibilità che in Italia facevo fatica a trovare. Emblematico esempio è che, fin da dopo il diploma alla NZ Film School, io non mi sia mai fermato un attimo con il lavoro, ricoprendo differenti ruoli sul set di cortometraggi, video musicali, serie tv e webseries. Proprio in questi giorni sto lavorando come Direttore della Fotografia (un ruolo che amo quasi quanto, se non a pari livello con quello del Regista) di un’interessante cortometraggio ad alto budget (usiamo una telecamera professionale Blackmagic Production 4k) chiamato “Sine Condicion Amoris”, un film che tratta la storia d’amore in salsa sci-fi di due ragazzini di 14 anni.
  • Ci sono altri posti dove vorresti andare?
    Credo che il 2016 si potrebbe rivelare un anno di grandi cambiamenti. Non sono sicuro al momento di cosa succederà, poiché ovviamente lasciare Wellington (o la Nuova Zelanda in generale) significherebbe perdere alcuni dei contatti che ho fatto maturare qui negli ultimi mesi. Inoltre ci sono diverse possibilità in vista: a gennaio iniziano le riprese del film “Ghost in the Shell” (remake dell’omonimo anime Giapponese) diretto da Rupert Sanders con protagonista Scarlett Johansson e nel 2017 dovrebbero cominciare quelle pluri-rimandate di Avatar 2 & 3 di James Cameron. Entrare a far parte della Crew di uno di questi colossal americani sarebbe un sogno, ma è anche vero che la competizione continua a crescere. Un’opzione alternativa invece potrebbe essere l’Australia e le sue grandi possibilità. Si tratta di un paese bellissimo in enorme crescita economica dove il cinema (e la televisione) viene continuamente alimentato da nuove produzioni e progetti ambiziosi. In caso decidessi di lasciare Wellington nel 2016, l’Australia sarebbe probabilmente il territorio ideale dove continuare la mia avventura.
  • Quanto è diverso l’ambiente cinematografico all’estero rispetto al panorama offerto da Roma?
    Questa è una domanda difficile poiché mi sento di non aver conosciuto l’ambiente cinematografico italiano abbastanza da poter fare un paragone equilibrato. Ho studiato le regole dell’industria italiana e l’ho osservata molto, è vero, ma purtroppo quasi sempre dall’esterno. Ovviamente anche questo va ad incidere sul mio giudizio: in Italia ho avuto sempre la sensazione di trovarmi al cospetto di un industria “chiusa” e non accessibile a persone che con essa non hanno contatti diretti (parentele o amicizie giuste). Di sicuro l’industria cinematografica è diventata negli ultimi 20 anni una delle più difficili ed esclusive al mondo, indipendentemente dal paese in cui si vive, ed ovviamente in entrambi i paesi le “giuste conoscenze” la fanno da padroni rispetto ad altri parametri. Quel che però a me personalmente sembra diverso (ma ripeto, potrei sbagliarmi), è diversa la considerazione che in entrambi i paesi si ha del talento e della forza di volontà, soprattutto in relazione alle nuove generazioni con poca esperienza ma tanta voglia di fare. In questo caso a mia visione, se l’industria del cinema e televisione in Italia si avvicina fin troppo pericolosamente al suo corrispettivo politico, con corruzione, scambi di favori e raccomandazioni come unico mezzo per potervi entrare, in Nuova Zelanda si avvertono possibilità anche per persone che, anche con poca esperienza e zero conoscenze, hanno però capacità, ambizione e buona volontà. Come ultimo punto a favore della Nuova Zelanda, ma questo è dato ovviamente anche dalla differente proporzione di abitanti, c’è che il paese spende annualmente moltissimo per il cinema, con l’ente nazionale “New Zealand Film Commission” che promuove continuamente bandi e stanzia fondi (che coprono il più delle volte quasi tutti i costi di produzione) per la realizzazione di cortometraggi e lungometraggi.
  • Parlarci del tuo primo film proiettato al cinema.
    Scritto e diretto da me “Suck It Up” è stata un esperienza diversa da qualsiasi cosa io avessi mai fatto prima. Innanzitutto si tratta del primo cortometraggio uscito dai canoni di quelle che pensavo fossero le tematiche chiave dei miei lavori (dramma e thriller) poiché il film è una pura commedia tinta da piccole chiazze d’horror. Inoltre questo film strizza un occhio ai più giovani, e può essere visto da persone di ogni età, di conseguenza è anche il più “commerciale” a livello di tematiche rispetto ai film precedenti. Nonostante questo, però, “Suck It Up” ha il mio cuore, poiché è senza dubbio il lavoro più completo e professionalmente riuscito tra quelli che ho realizzato. Girato con un budget di 15.000 dollari neo zelandesi (circa 10mila euro) ed una telecamera professionale Arri Alexa (la stessa dei film Marvel) in dotazione alla NZFS, il film narra la giornata di un’improbabile coppia di venditori porta a porta che finisce casualmente in una casa infestata da un pericoloso demone. Le riprese del film non sono state facili, 5 giornate consecutive a girare per circa 11 ore al giorno, ma hanno anche rappresentato il culmine dell’esperienza. Abituato a piccole crew di circa 7/8 elementi, mi sono ritrovato improvvisamente alla guida di circa 25 persone, molti dei quali professionisti del settore, pronti a dare il proprio meglio per il film che avevo scritto. Si tratta di un’esperienza incredibile che la Nuova Zelanda mi ha offerto dopo solo un anno di vita qui.
    La prima cinematografica di “Suck It Up” è avvenuta il 7 Luglio 2015 al Paramount Cinema di Wellington in Courtenay Place (al centro della città) davanti a circa 600 persone. Non posso negare che l’agitazione in me fosse davvero grande quel giorno, soprattutto poiché si tratta di una commedia. Penso sia molto più semplice mettere il pubblico d’accordo sulla qualità di un film drammatico (che riesca nell’intento di colpire le emozioni o meno), ma una commedia si trova a che fare con altri fattori spesso imprevedibili: il senso dell’umorismo è uno degli elementi più soggettivi e variabili dell’essere umano. Grazie a dio la proiezione è stata un successo, con svariate persone (e persino politici della città) venuti a farmi i complimenti dopo la proiezione. Credo non ci sia niente di più bello al mondo di guardare (e sentire) un pubblico divertirsi guardando qualcosa che hai creato tu. Soprattutto quando succede in una cultura completamente diversa da quella in cui sei cresciuto ed abituato. Ciliegina sulla torta è il fatto che gli ultimi due mesi passati ad inviare il film ad alcuni festival internazionali stanno finalmente dando i propri frutti, con “Suck It Up” appena accettato ad uno short-film festival canadese. Dopo che il processo di applicazione per i festival sarà finito, potrò finalmente rilasciare il cortometraggio online e farlo vedere a tutte le persone a me care in Italia. La bella scrittrice/giornalista/attrice di questo articolo compresa!

jordan beresford

Grazie davvero a Jordan per questa intervista, e non vediamo l’ora di vedere il suo prossimo lavoro e magari di parlarvene più approfonditamente. Le nostre interviste sui cineasti indipendenti e gli artisti emergenti del mondo del cinema e del teatro ritorneranno Mercoledì prossimo, non perdetevi il nostro prossimo articolo! E continuate a seguirci su Facebook e Twitter.

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