I 10 migliori film italiani secondo gli Americani (Parte 2)

migliori film italiani
Il cinema italiano visto da fuori. Quali sono, secondo gli Americani, i 10 migliori film italiani di tutti i tempi? Ecco la classifica stilata dal sito americano WatchMojo.com, fra ovvietà e sorprese.

 

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  • L’avventura (1960): Film più amato e conosciuto di Michelangelo Antonioni, che apre la sua “trilogia esistenziale” o “dell’incomunicabilità”. Immerso in un’atmosfera di isolamento e decadenza morale, L’avventura è una metafora della trasformazione italiana messa in atto nel secondo dopoguerra. Il film testimonia il passaggio dalla società contadina, rappresentata da una mora e formosa Lea Massari, a quella industriale, rappresentata dalla bionda e longilinea Monica Vitti. Il triangolo amoroso fra le due e il personaggio di Sandro, interpretato da Gabriele Ferzetti, non è altro che la rappresentazione allegorica e antropomorfa di quel traumatico e repentino passaggio. Sarà ovviamente Monica Vitti a vincere la sfida, dovendo però convivere col peso e il ricordo del passato. Ma Antonioni non è un passatista, è un regista che ama la “linea retta” dell’industrializzazione, per questo imprime la sua idea di modernità sulla pellicola, usando inquadrature geometriche e stridenti contrasti, in contrapposizione col barocco felliniano e la nostalgia di Pasolini. L’avventura gareggiò al Festival di Cannes contro La Dolce Vita di Fellini, vincendo il Premio della Giuria, mentre la Palma d’Oro andò al rivale di sempre.

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  • La Dolce Vita (1960): Federico Fellini costruisce uno show di decadenza, ambientato nel pieno del boom economico, fra gli ambienti del jet set italiano e internazionale che si incontra a Roma. Gli eventi che hanno per protagonista il paparazzo Marcello Rubini (uno straordinario Marcello Mastroianni) mandano avanti un film che vive di contrasti: la decadenza morale immersa in un rigoglioso quadro socio-economico, la superstizione contro la ragionevolezza filosofica, la quale, però , non sarà in grado di evitare una tragedia. La Dolce Vita è un film “sereno” e “leggero” solo in apparenza, esso, in una confezione cinematografica perfetta e affascinante, racchiude un’angoscia e una malinconia che si perdono fra la voglia di passatismo, l’ansia per il futuro e l’inquietudine della solitudine. Il protagonista è consumato dall’ambiente in cui vive, fatto di ricchezza sfrenata, vizi e potere. È il manifesto del cinema di Fellini.

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  • Il buono, il brutto e il cattivo (1966): lo spaghetti western di Sergio Leone racconta di tre pistoleri alla ricerca di un tesoro di duecentomila dollari, sepolto in un remoto cimitero del selvaggio Far West. Trama in fin dei conti molto semplice, ma gestita magistralmente da un regista diventato un maestro riconosciuto in tutto il mondo. Il film ha anche consacrato Clint Eastwood sulla scena internazionale. I tre personaggi sono la rappresentazione delle caratteristiche umane, il buono è spinto dal senso di giustizia, il brutto è l’uomo guidato dall’impulsività e dalla collera, mentre il cattivo è la ferocia. Leone, attraverso questo film, denuncia l’inutile brutalità della guerra e demistifica la stessa storia degli Stati Uniti d’America, mostrandone l’efferata violenza piuttosto che raccontarla attraverso un alone di gloriosa epicità con cui si è soliti miticizzarla. A rendere Il buono, il brutto e il cattivo un capolavoro non è solo la regia, ma anche il montaggio e il sapiente uso della colonna sonora di Ennio Morricone.

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  • Nuovo Cinema Paradiso (1988): il film di Giuseppe Tornatore è una lettera d’amore al cinema. Esso segue la vita del regista Salvatore Di Vita, il quale, dopo aver saputo della morte di un certo Alfredo, ricorda la propria infanzia vissuta in un piccolo paesino siciliano in cui l’unico divertimento era il cinema della parrocchia. Attraverso questo lungo flashback, scopriamo che Alfredo era il proiezionista della piccola sala parrocchiale, che regalava al giovane Salvatore le scene tagliate dalle pellicole. Durante un incendio, la sala parrocchiale viene distrutta, ma verrà poi ricostruita, chiamata Nuovo Cinema Paradiso, e data in gestione al piccolo Salvatore che, però, partirà per Roma una volta cresciuto, per non tornare più. Sarà il funerale di Alfredo l’occasione per ritornare in paese e ripercorrere quei luoghi ormai decadenti e abbandonati. Cinematograficamente incantevole, coinvolgente e incredibilmente emozionante, il film vinse l’Oscar come Miglior Film Straniero nel 1990, ma la versione internazionale subì numerosi e indiscriminati tagli per accorciarne la durata e rendere la pellicola più appetibile dal punto di vista commerciale.

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  • La vita è bella (1997): il film che ha fatto conoscere Roberto Benigni al resto del mondo. La vita è bella è un insolito racconto della segregazione razziale ebraica durante la Seconda Guerra Mondiale. Il film, apparentemente una commedia romantica, racconta le gesta di Guido Orefice, un padre che, rinchiuso in un lager insieme al resto della famiglia, farà di tutto per non far capire al figlio l’orrore in cui è stato coinvolto, facendogli credere di star partecipando a un gioco a punti. La vita è bella è divisibile in due parti nettamente separate per ambientazione, tono, luce e colori. La prima spiega e giustifica la seconda, ma allo stesso tempo l’una è la continuazione dell’altra. L’accurata ricostruzione delle atmosfere e dei luoghi dell’epoca, l’approccio originale nei confronti di una delle più grandi tragedie della storia e la cura riservata alla regia e la colonna sonora, oltre alla forte emotività trasmessa dal film, valsero alla pellicola ben tre premi Oscar, fra cui quello per il Miglior Film Straniero nel 1999.

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  • 8 ½ (1963): girato da Federico Fellini dopo il successo de La Dolce Vita, 8 ½ è un viaggio onirico nella mente di un regista in crisi che non riesce a ideare il suo prossimo film. Ancora una volta è Marcello Mastroianni a vestire i panni del protagonista, che non è altro che lo stesso Fellini. 8 ½ è l’apice vero e proprio di tutta la filosofia felliniana, il trionfo del barocco cinematografico (a partire dal titolo, dominato dalle rotondità del numero otto) e dell’onirico che proprio in quel periodo aveva invaso la vita di Fellini tramite la terapia e l’ammirazione per Jung che lo aiutava a decifrare i suoi incubi e a guardare la vita con un nuovo, inatteso entusiasmo.

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  • Ladri di biciclette (1948): è questo il film che, più di tutti ha affascinato e continua ad affascinare gli americani. Il film di Vittorio De Sica è un potente documentario sociale, ambientato subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, Ladri di biciclette è uno dei film-manifesto del Neorealismo. Dopo il furto della bicicletta che usava per lavorare, il protagonista Antonio Ricci va alla ricerca del mezzo insieme al figlio. I due attraversano tutta Roma senza ottenere, però, alcun risultato. Spinto dall’esasperazione, Antonio proverà egli stesso a rubare una bici, perdendo il rispetto e la credibilità davanti agli occhi del figlio in lacrime. Le chiavi di lettura del film e gli spunti di riflessione che ne emergono sono così tante da meritare un articolo a parte, che non mancheremo di pubblicare in futuro.

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Menzioni specialiSuspiria (1977), Le notti di Cabiria (1957), La Grande Bellezza (2013).

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